La CO2 e la carbon neutrality

Conoscere per comprendere

"Ormai da qualche anno il settore elettrico contribuisce sempre meno alle emissioni di CO2, complice anche il ruolo delle rinnovabili."

È quanto emerge dal rapporto Ispra "Indicatori di efficienza e decarbonizzazione del sistema energetico nazionale e del settore elettrico" che sottolinea come l‘incremento dell’efficienza energetica ed economica e la progressiva decarbonizzazione dell’economia nazionale, la rilevante contrazione del Pil e l’aumento della quota di consumi di energia da fonti rinnovabili, dal 2007 abbiano determinato una sensibile riduzione delle emissioni di gas serra.

Nel 2019 le emissioni totali si sono ridotte del 19,4% rispetto al 1990 e del 29% rispetto al 2005; il confronto tra l’andamento delle emissioni di gas serra e il Pil mostra che dal 1990 la crescita delle emissioni è stata più lenta di quella economica, mettendo in evidenza un disaccoppiamento relativo tra le due variabili che negli ultimi anni diventa assoluto. Risulta quindi evidente quanto sia indispensabile continuare a perseguire questa strada, partendo dalle proprie semplici scelte quotidiane, con l’obiettivo di vivere e produrre con un approccio sempre più carbon neutral.

Ma cos’è la carbon neutrality?

Per carbon neutrality si intende il raggiungimento di un saldo in pareggio nel bilancio complessivo tra la CO2 emessa in atmosfera dai processi produttivi, dagli utilizzi energetici, dai trasporti, e l’assorbimento da parte dei cosiddetti sink, “serbatoi” che sequestrano e trattengono la CO2, o la mancata emissione legata all’efficientamento tecnologico e all’utilizzo di energie rinnovabili.

Questo ci anticipa che non tutte le emissioni riescono ad essere evitate grazie a miglioramenti strategici e sensibilizzazione di persone e imprese, ma servono azioni di compensazione realizzate attraverso progetti di stoccaggio della CO2 con grandi impatti sociali e ambientali. Per questo motivo, nel corso dei prossimi mesi approfondiremo i principali metodi di CDR (Carbon Direct Removal), tecniche di cattura, utilizzo e stoccaggio dell’anidride carbonica: percorsi naturali e tecnologici finalizzati alla rimozione e al sequestro di anidride carbonica (CO₂) dall'aria, che suddivideremo in base alla loro finalità.

..buona lettura!

Forestazione e riforestazione

Del primo gruppo fanno parte i progetti di forestazione, ovvero la conversione di terreno agricoli abbandonati e degradati in foreste, o di riforestazione, ovvero il reimpianto di alberi in terreni deforestati.

Le piante, infatti, grazie al processo di fotosintesi che sono in grado di compiere, non solo producono l’ossigeno indispensabile alla vita degli altri esseri viventi, ma fissano anche il carbonio, presente in atmosfera sotto forma di CO2, nella biomassa e nel suolo, costituendo in questo modo delle vere e proprie riserve di carbonio.

La valenza positiva delle riforestazioni si manifesta nel ruolo che la vegetazione svolge nella protezione dei territori interessati dai rischi di dissesto e nel recupero di ambienti caratterizzati da un basso valore ecologico, grazie all’azione protettiva all’erosione del suolo esercitata dalla vegetazione, e alla formazione di boschi, ossia di sistemi naturali complessi caratterizzati da un’elevata biodiversità.

Questa tecnica rientra fra le tematiche trattate nel Protocollo di Kyoto (trattato internazionale che prevede l’obbligo in capo ai Paesi industrializzati di operare una drastica riduzione delle emissioni di elementi inquinanti responsabili dell’effetto serra) e nei piani nazionali e regionali che trattano anche questo argomento.

Considerando il periodo di riferimento nel quale il Protocollo di Kyoto richiese la riduzione delle emissioni di gas serra (2008-2012), rispetto all’incremento della massa legnosa pari a cinque anni è risultato che i 420,83 ettari consentirebbero, nel complesso, un potenziale assorbimento di 11.071,04 t di CO2.

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Biochar, il carbone vegetale

Il suolo, costantemente minacciato da erosione, contaminazione e acidificazione, è il fulcro dell’ambiente. Per questo motivo sono necessarie pratiche di gestione del suolo sostenibili e attente alla riserva di carbonio organico, cruciale nel mantenimento della sua fertilità.

Il biochar, o carbone vegetale, è una sostanza creata dalla combustione di materiale organico (come i rifiuti agricoli) in assenza di ossigeno. Questo processo, chiamato pirolisi, crea un prodotto ricco di carbonio che è stabile o biologicamente recalcitrante. Trasformando la biomassa in biochar, il carbonio nel materiale vegetale viene bloccato invece di essere rilasciato nell'atmosfera quando la biomassa viene bruciata o biodegradata nel suolo. L’incorporazione di biochar nel suolo rappresenta una proposta green in grado di incrementare il contenuto di carbonio organico e la fertilità e, in certi casi, di ridurre la disponibilità di metalli pesanti.

L’azione sinergica di biochar e fertilizzante si è rivelata assai migliorativa della fertilità dei suoli in cui è stato introdotto. Le rese di colture tradizionali come fagiolo e mais sono notevolmente aumentate rispetto al trattamento con solo biochar. Eppure, data la sua reazione alcalina e la presenza di cenere, proprio in suoli acidi il biochar dovrebbe trovare la sua più opportuna applicazione, favorendo un aumento del pH, della disponibilità di fosforo e, in generale, delle proprietà chimiche e biochimiche (attività enzimatiche). Purtroppo, i miglioramenti non sono sensibili se non si raggiungono percentuali di biochar nel suolo di almeno 1% nei primi 20 centimetri di spessore, corrispondenti approssimativamente a incorporazioni di 20 tonnellate per ettaro. Dosi maggiori aumentano il rischio di un’eccessiva fissazione di azoto tale da vanificare il risultato colturale.

Cattura aerea diretta

Abbiamo imparato che sulla carta esistono diversi metodi per riuscire a raggiungere quello che gli scienziati chiamano «emissioni negative», ovvero l’estrazione di CO2 dall’atmosfera. Il più semplice è piantare foreste. Gli alberi sono infatti pozzi di carbonio naturali che catturano la CO2 attraverso la fotosintesi e la immagazzinano nel tronco, nei rami, nelle radici e nel suolo. Ma i terreni disponibili sul pianeta non sono sufficienti per piantare l’equivalente di alberi necessario a catturare tra 100 e 1000 miliardi di tonnellate di CO2. Inoltre, non si può garantire che la quantità di CO2 rimossa lo sia in maniera definitiva e verificabile, poiché incendi o deforestazioni possono distruggere gli alberi rilasciando CO2 nell’atmosfera. Una seconda possibilità è ricorrere alla cosiddetta bioenergia, che consiste nel seminare piante a crescita rapida e nel creare biochar. Ma anche in questo caso lo scenario di risoluzione è piuttosto irrealistico...

...Si sta facendo strada una terza soluzione: catturare, attraverso una speciale tecnologia, la CO2 presente nell’atmosfera e stoccarla nel sottosuolo (cattura diretta e stoccaggio). Su questa tecnologia si sta specializzando un’impresa europea, Climeworks, realtà svizzera che ha sviluppato macchine per catturare direttamente l’aria, filtrarla e stoccare l’anidride carbonica iniettandola nel sottosuolo, e in Islanda l’idea è già diventata realtà. Nel 2017 Climeworks ha infatti realizzato un impianto che combina la cattura diretta dell’aria con un metodo di stoccaggio sotterraneo sicuro e permanente: la CO2 catturata entra in contatto con la roccia basaltica e nel giro di pochi anni si trasforma in pietra attraverso un processo naturale di mineralizzazione. Nel 2020 Climeworks ha portato il processo di estrazione della CO2 a un livello più alto, costruendo in Islanda un nuovo impianto, molto più grande, chiamato Orca. Questo sarà in grado di rimuovere in modo permanente e sicuro 4000 tonnellate di anidride carbonica all’anno, ed è quindi il dispositivo di cattura diretta dell’aria, con effetto benefico sul clima, più potente del mondo.

Hai qualche curiosità?

Scrivici quale aspetto ti piacerebbe approfondire in questo Viaggio con la CO2!

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